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Le più belle feste patronali raccontate per vivere un'esperienza di viaggio indimenticabile.

Scegli il tuo itinerario e lasciati deliziare dai prodotti dell'enogastronomia pugliese: la Puglia che non hai mai visto ti aspetta!

I COMUNI DEL MESE  

I comuni

2022-07-26

CHIEUTI

Situato su una rigogliosa collina, a circa 8 km dal mare, Chieuti è considerato la "Porta della Puglia" ed è circondato da panorami mozzafiato: il promontorio del Gargano, con visuale sul lago di Lesina, che sovrasta la vista ad Est, mentre a ovest predomina un’ampia veduta sul basso Molise, in particolare Termoli e il suo porto.   Sullo sfondo, sovrasta la Maiella, e nelle giornate prive di foschia è visibile persino il massiccio del Gran Sasso, che regalano nei pomeriggi estivi suggestivi tramonti. Chiude la cornice del meraviglioso panorama la presenza delle isole Tremiti, che si affacciano di fronte al litorale della Marina di Chieuti in un mare cristallino che più volte si è visto assegnare ambiti riconoscimenti, come la Bandiera Blu e le quattro vele Legambiente e che si estende su un litorale sabbioso dalle acque cristalline con le Isole Tremiti e il Gargano a fare da sfondo ad un paesaggio mozzafiato.     {IMAGE_2}{IMAGE_3} Dopo essere stata distrutta dai Goti nel 495 d.C.,  tra il 1460 e il 1470 si insediò stabilmente sul territorio una comunità albanese, giunta al seguito del condottiero Giorgio Castriota Skanderbeg.   Di queste origini, Chieuti conserva ancora oggi testimonianza grazie alla presenza della lingua Arbereshe, tutt’ora parlata tra la popolazione. Negli ultimi anni, la comunità si sta attivando per la salvaguardia e la valorizzazione di questo retaggio, attraverso manifestazioni ed eventi, con canti in lingua e abiti tipici.   LA FESTA Caratteristica di Chieuti è senza dubbio la festività in onore del Santo Patrono, San Giorgio Martire, con la Carrese del 22 Aprile, singolare corsa con protagonisti quattro carri in legno, trainati ognuno da una coppia di buoi, che con l’aiuto dei cavalli percorrono un tragitto di circa 4 km che dalle campagne li conduce fino alla chiesa situata nel centro storico del paese.   Il premio per il carro vincitore sarà portare in spalla il simulacro del Santo durante la processione del 23 aprile, indossando un copricapo rosso con il fiocco del colore della propria contrada: in questa occasione sfila anche il Tarallo, una forma di pasta di caviocavallo di circa 80 kg, che dopo essere stata benedetta viene suddivisa e  distribuita all’intera popolazione.      Da visitare: il Museo della cultura ed identità Arbereshe, a cui si aggiunge il Museo della Migrazione Chieutina, e  la chiesa cattolica San Giorgio Martire, costruita nel XVII secolo in onore di Skanderbeg. La chiesa conserva al suo interno una tela raffigurante San Giorgio e il drago, ascrivibile al maestro Alessio D'Elia,  databile intorno al 1740. Nell'edificio sacro fanno da pendant al San Giorgio e il drago una tela raffigurante la Madonna del Carmine che dona lo scapolare alle anime del purgatorio, anch'essa ascrivibile alla produzione del D’Elia, e un manufatto raffigurante la Madonna col Bambino, ascrivibile alle opere di Paolo Saverio di Zinno (1718-1781), scultore molisano molto attivo in Capitanata.     Foto di: Gaetano Armenio e Pasquale Aurelio     

I comuni

2022-06-21

CAVALLINO

...“Sotto un cielo di zaffiro, cullato dall'alito di tiepido aere, tra folti oliveti e sconfinate pianure, giace Caballino, elevato sopra umilissimo poggio e, scendendo bel bello in pianura, disegna, così alla grossa l'enorme contorno di una pera...” Così scriveva il duca S. Castromediano (1811-1895), patriota, archeologo e letterato, nella sua monografia storica su Cavallino (Le), tra il 1878 e il 1894.   Poco lontano dalle rovine dell'arcaico centro messapico si costituì un agglomerato di trulli e casupole nella campagna leccese, che sarebbe divenuto il villaggio di Caballinus, “pagus in agro lyciensi”. Il nucleo abitativo, con il passare dei secoli, attraversò le successive conquiste gotica, longobarda, bizantina, normanna, angioina, aragonese, seguendo i destini della terra del Salento, sino a divenire parte integrante della Contea di Lecce e poi feudo della famiglia Castromediano. Il centro andò via via ingrandendosi intorno al palazzo baronale-marchesale e alla Chiesa Madre, sino ad assumere l'assetto dell'odierno paese di Cavallino.   L'origine etimologica del nome Cavallino è assai incerta. Già al tempo del duca Castromediano le ipotesi erano diverse. Vi era chi faceva derivare il toponimo dall'etimo latino cabalus, da cui caballinus (diminutivo), supponendo che nella nostra zona vi fosse un distaccamento di cavalleria romana. Tale tesi, elementare e semplice, prevalse per lungo tempo, tanto che Emilio De Giorgi, cultore di storia patria cavallinese, incaricato di elaborare il gonfalone del paese, scelse di disegnarvi un cavallo bianco. Ma occorre ricordare che il cavallo dell'esercito, il destriero, era chiamato dai romani equus e non caballus, che era, invece, il cavallo da fatica. Per la contessa A. Ceva-Altemps, amica del duca Castromediano, il toponimo deriva invece dalla radice greca kàbas, che indica la polizia municipale, un corpo di vigilanti, per cui si presuppone l'esistenza di una “stazione daziaria” nei pressi del paese. Tale tesi fu adottata dal duca, che da allora pronunziò e scrisse sempre Caballino.   LA FESTA   La devozione dei cavallinesi per la Madonna del Monte si è mantenuta forte nel corso dei secoli, alimentata da un profondo amore della gente del luogo verso la tenera immagine del pastorello, simbolo della religiosità del paese.  Il sabato precedente la prima domenica di Maggio inizia la festa: nel pomeriggio la statua della Madonna del Monte, custodita durante l'anno nella cappella del Palazzo Ducale dei Castromediano, viene prelevata, al termine di una solenne celebrazione eucaristica, dal cortile dell'antico maniero e intronizzata nella Chiesa Madre Maria Santissima Assunta.  E' da qui che il mattino seguente l'intera popolazione di Cavallino, cui si aggiungono i fedeli provenienti dai paesi limitrofi, dopo il canto dell'antico e suggestivo “Inno a Maria Santissima del Monte” da parte dei ragazzi delle scuole del paese, accompagnati dai concerti bandistici, si muove in processione verso la Cappella della Madonna situata nel cimitero e distante alcuni chilometri dall'abitato.  Il corteo è talmente lungo che, quando la sua “testa” è già arrivata a destinazione, i fedeli che lo seguono sono ancora in piazza.  L'arrivo della statua della Vergine al cimitero è salutato da uno spettacolo di fuochi d'artificio, che si ripete al ritorno della processione, finita la celebrazione della messa solenne, e ancora dopo il rientro in chiesa, intorno alle ore 13,00.  Tutto ciò secondo un'antica ed unica tradizione che impone lo scoppio dei fuochi pirotecnici e il lancio di palloni aerostatici durante la mattina.  I concerti bandistici, le gare pirotecniche, le splendide luminarie sono poi la giusta cornice, per questo evento, a cui nessun cavallinese può mancare.  E' questa, infatti, l'occasione per incontrarsi con coloro che, assenti da molto tempo dalla propria terra natia, vi fanno ritorno per la festa della Madonna del Monte.   Foto di Donato Nobile

I comuni

2022-06-21

BOVINO

...arroccata sull'estremità meridionale dell'Appennino Dauno, a 647 m sopra il livello del mare, sorge in posizione strategica sull'unica via consolare tra Napoli e la Puglia, l'antica città di Bovino. Frequentata già nel Neolitico e menzionata da Polibio e da Plinio come Vibinum, è stata municipium e colonia romana. La comunità accolse ben presto la fede cristiana: fonti accreditate fanno risalire le origini della sua Diocesi alla metà dell'anno 500 d.C. Dopo il crollo dell'impero romano, fu più volte distrutta e ricostruita a opera di diversi popoli: Longobardi, Saraceni, Bizantini.    Dal X secolo fu sede episcopale ed ebbe la sua Cattedrale, magnifico esempio di architettura romanica. Nel 1045 fu conquistata da Drogone il Normanno, Conte di Puglia, che eresse il Castello sulle rovine di una roccaforte romana; successivamente ampliato da Federico II, del Castello è oggi ammirabile l'imponente Torre e l'annesso Cassero. Dopo aver subito il governo di varie signorie e feudatari, nel 1575 Bovino passò sotto il feudo dei Guevara, potenti signori della Navarra e vicinissimi ai Borboni, che la governarono per oltre tre secoli assicurando pace e prosperità e facendo del Castello una ricca ed elegante dimora gentilizia (il Palazzo Ducale dei Guevara Suardo), nonchè vivace centro culturale che ospitò numerosi illustri personaggi, tra cui Torquato Tasso, Giovan Battista Marino, Maria d'Austria, Papa Benedetto XIII.   Nella cappella privata dei duchi di Bovino si conservano varie reliquie di Santi e una Spina della corona di Gesù, probabilmente doni elargiti dai papi Gregorio XIII e Innocenzo VIII ai Duchi Guevara loro parenti. Testimonianze dell'antichissima storia di Bovino sono conservate nel Museo Civico (Palazzo Pisani), nella Biblioteca Diocesana (dislocata nel Palazzo Vescovi-le) e nel Museo Diocesano sito nell'ala gentilizia del Palazzo Ducale.   Imperdibili sono gli scorci panoramici e il Borgo Antico che si caratterizza per l'armonia della struttura urbanistica, tra le stradine in acciottolato in pietra di fiume e le case adornate da stemmi e portali, di cui se ne contano circa 800. Il complesso dei monumenti, degli scorci e della storia fanno della città una delle perle dell'Appennino Dauno, che vanta dal 2003 il riconoscimento di “uno dei borghi più belli d'Italia”.   LA FESTA   L'annuale festa che va dal 28 al 30 agosto in onore di Maria Santissima di Valleverde è da sempre vissuta con forte trasporto devozionale e grande letizia dalla cittadinanza e non solo.  Luminarie, fuochi piro-tecnici, bande e concerti musicali, a corredo della solenne processione serale, sono la con-notazione classica dei festeggiamenti in onore di Maria Santissima di Valleverde dal 28 al 30 agosto, triduo preceduto da un popolare pellegrinaggio a piedi per nove giorni.  La manifestazione più importante e che contraddistingue la festa è senza dubbio la “Cavalcata Storica”: musici, sbandieratori, danzatori, nobili e popolani, cavalieri su bellissimi cavalli sono i protagonisti di questo secolare e singolare corteo storico, una magnifica composizione di “quadri” con figuranti in costume d'epoca rievocano i momenti più importanti della storia di Bovino dal 1266 (epoca dell'apparizione) ai primi del 1900.  Il Corteo si svolge nella mattinata del 29 agosto, dopo il rientro in città delle autorità ecclesiastiche, civili e militari dal Santuario dove hanno reso ufficiale omaggio alla Vergine, e si snoda dall'ingresso della città fino alla Cattedrale.  E' composto da quattro quadri in costume d'epoca: il primo quadro, introdotto da rulli di tamburi e squilli di trombe, rievoca l'epoca medievale dell'apparizione mariana, con l'ingresso in città della statua della Madonna scortata da cavalieri, sbandieratori, dame e un seguito di dodici vescovi che presenziarono alla posa della prima pietra. Il secondo quadro ricorda il signor Marino Boffa, notabile di Bovino, che ottenne dalla Regina Giovanna II d'Angiò, con diploma del 15 giugno 1434, l'istituzione della fiera per nove giorni di ogni anno, quattro giorni prima e quattro giorni dopo la festa della decollazione di San Giovanni Battista del 29 agosto; il terzo quadro, invece, rievoca la visita al santuario nel 1630 della Serenissima Donna Maria d'Austria, sorella del re di Spagna Filippo IV, in occasione della sua permanenza a Bovino presso la corte dei duchi Guevara.  Segue poi il quadro settecentesco che rappresenta il duca Giovanni Maria Guevara e la Duchessa Anna Maria Suardo (1750) col seguito delle famiglie notabili e infine gruppi folkloristici della tradizione contadina e cavalieri.  L'atmosfera è completata dalle armonie della banda musicale e dagli spari dei mortaretti che accolgono festosamente la processione del simulacro della Madonna.

I comuni

2022-08-16

BISCEGLIE

Situata a 32 km a nord-ovest di Bari, il territorio della città di BISCEGLIE (bat)  è caratterizzato dalla presenza di molte lame, letti di antichi fiumi, e da circa otto chilometri di costa. Bisceglie, anche detta “Città dei Dolmen e dei Normanni”, ha come emblema cittadino uno scudo rosso con al centro una quercia d’oro.   La città è posizionata in un’insenatura del litorale adriatico, possiede un attrezzato porto turistico, suggestive spiagge di ciottoli bianchi meta di vacanze di turisti provenienti da ogni dove ed è specializzata nella produzione e nel commercio di prodotti agricoli, come ortaggi e ciliegie, nonché nella pesca e nel commercio di prodotti ittici. Da queste produzioni ne derivano anche piatti tipici di grande sapore.   Oltre alle tipicità pugliesi, come gli strascinati con le cime di rapa o la sua variante del calzone, una focaccia ripiena di sponsali, di grande fascino sono la colve, una macedonia autunnale che si prepara il 2 novembre, con grano bollito, mandorle tritate, noci, pezzetti di cioccolato, chicchi di melograno annaffiati con vin cotto, e i più rinomati sospiri, dolcetti di pan di Spagna farciti di crema pasticcera e ricoperti da una leggerissima glassa.   {IMAGE_2}{IMAGE_3} La leggenda vuole che le Clarisse avessero preparato questi dolci in occasione del matrimonio tra Lucrezia Borgia e Alfonso d’Aragona, duca di Bisceglie, ma la sposa non arrivò mai e gli ospiti, sospirando, mangiarono queste bontà.   La città vecchia, situata in posizione sopraelevata, conserva numerose testimonianze storiche ed architettoniche, come case e palazzi del XV e XVI sec, come il famoso Palazzo Tupputi, noto per aver accolto le riunioni dei carbonari risorgimentali nel 1820, la splendida Cattedrale (1073) dedicata a San Pietro e che racchiude i resti dei tre Santi Martiri Patroni, Mauro, Sergio e Pantaleone, l’antica chiesa di Sant’Adoeno (1074), la chiesa di Santa Margherita (1197) e i resti del complesso del Castello costruito dai Normanni e dagli Svevi e in seguito ampliato e fortificato dagli Angioini.    La città di Bisceglie è ricordata in tutti gli itinerari archeologici per la presenza nel suo agro di diverse costruzioni funerarie risalenti all’Età del Bronzo Medio, i Dolmen : il più importante e meglio conservato è quello detto “La Chianca”.   Suggestivi, durante il periodo pasquale, i riti della Settimana Santa con la processione del venerdì santo de “l’incontro”.   LA FESTA La festa patronale si svolge in tre giorni verso la seconda domenica di agosto nelle forme che si tramandano ormai da diversi secoli. Questa festa ha le radici nella "Traslazione dei Santi" dal casale di Sagina, ubicato nell'agro, all'interno delle mura, nel borgo marinaro La tradizione vuole che la Traslazione avvenne in modo peculiare: in quanto contese da diverse città, le reliquie dei santi furono caricate su un carro trainato da due possenti buoi.   Lasciando il carro senza una guida umana, sarebbero stati i buoi a scegliere una destinazione e gli astanti avrebbero accettato l’assegnazione delle reliquie alla prima città visitata dagli animali. Nel momento in cui i buoi si diressero verso Bisceglie, divenne chiaro che San Mauro, Sergio e Pantaleone ne sarebbero divenuti i patroni.   Ancora oggi, ogni cento anni, devoti e residenti locali si riuniscono per osservare il rito della Traslazione in modo completo, ricreando l’atmosfera tipica dell’evento che ebbe luogo secoli prima, con tanto di carro e buoi. In passato si svolgeva il 30 luglio, giorno in cui attualmente la gente si reca nella concattedrale per visitare le sacre reliquie, oggi, si tiene ogni anno tra il sabato e il lunedì che includono la seconda domenica di agosto.   Una tradizione che unisce amici e famiglie, decorando la città con addobbi festivi e suggestivi. La festa ha inizio il sabato mattina. Alle otto, il segnale prolungato della sirena della torre maestra e il suono delle campane di tutte le chiese, uniti agli scoppi di bombe a salve, aprono i festeggiamenti. Sempre il sabato mattina, gira per le vie della città u tamburre, una bassa banda costituita da alcuni suonatori di piatti, di tamburi, uno di flauto e da uno di grancassa, che suonano alcune marce.   Il sabato sera la gente si riversa nel Palazzuolo, centro della festa, dove tra l'altro viene organizzato anche un mercato con bancarelle di ogni genere. Sulla facciata del Teatro Garibaldi, viene eretto un altare ornato di luminarie, drappi e fiori in cui viene inserita una immagine dei Santi Patroni, detta "il quadro".   Al centro del Palazzuolo viene disposta una cassa armonica, intorno a cui la gente ascolta la musica eseguita dalle varie bande che si susseguono. La domenica, alle dieci, la gente si riversa nella concattedrale dove si trovano esposte ai fedeli le statue dei Tre Santi. Dopo lo scoppio dei fuochi pirotecnici, ha inizio la solenne processione dei Tre Santi.   Al rientro della processione, verso la mezzanotte, la gente si assiepa sulla muraglia e lungo tutto il porto per assistere ai fuochi pirotecnici lanciati dal nuovo molo. Il lunedì, l’ultimo giorno della festa, un gruppo di fedeli accompagna i santi in cattedrale, preannunciando la fine della celebrazione. Il bacino portuale lancia per l’ultima volta i fuochi d'artificio e sigilla definitivamente i tre atti della festa patronale.   Da non perdere: Centro Storico, Concattedrale, Chiesa di Santa Margherita, Palazzo Tupputi, Dolmen “la Chianca”, Grotte di S. Croce, Castello e Torre Maestra.       Testo di: Loredana Acquaviva  

I comuni

2022-06-20

MONTE SANT'ANGELO

  ...è il centro più elevato del Gargano (843 m.), Montesant'angelo (fg) è situato in mirabile posizione panoramica su uno sperone meridionale del promontorio con la vista aperta a ovest sul Tavoliere e a sud sul golfo di Manfredonia.   Lo sperone su cui si di-stende è di natura calcarea e presenta perciò caverne e grotte tra le quali più nota è quella in cui si trova l'altare di San Michele Arcangelo.   Il promontorio del Gargano conobbe una notevole fortuna per la presenza, nel suo territorio, del santuario di San Michele Arcangelo. Si tratta, senza dubbio, del più famoso luogo di culto micaelico dell'occidente latino, meta continua di pellegrinaggi illustri e di gente di ogni condizione sociale, provenienti anche da mete molto lontane.   Per Monte Sant'Angelo il periodo normanno-svevo, che costituì uno dei momenti più alti del suo sviluppo economico, artistico e religioso, coincise anche con l'apogeo della celebrità raggiunta dal Santuario.   Le cronache del tempo, infatti, lo segnalano tra i quattro più frequentati luoghi di pellegrinaggio della cristianità secondo l'itinerario di redenzione spirituale, noto come Homo, Angelus, Deus, che prevedeva la visita alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo a Roma e di San Giacomo di Compostella in Spagna (Homo), all'Angelo della Sacra Spelonca di Monte Sant'Angelo (Angelus), infine ai luoghi della Terra Santa (Deus).     {IMAGE_2}{IMAGE_3} La “Platea” del Santuario, risalente al 1600, parla di tre festività annuali in onore di San Michele: 8 maggio, anniversario della prima apparizione a seguito del cosiddetto “prodigio del toro”; 29 settembre, anniversario della vittoria dei Sipontini sui Napoletani e anche della terza apparizione nella quale San Michele invitò tutti ad entrare nella grotta da lui già consacrata. Per quest'ultima vicenda, negli antichi calendari anteriori al Concilio Vaticano II la giornata era chiamata “Festa della Dedicazione di San Michele Arcangelo” il 16 ottobre, commemorazione della nascita dell'altro celebre Santuario micaelico in Occidente, quello sul monte Tombe in Normandia. Le prime due feste un tempo consistevano specialmente in fiere sontuose di animali, prodotti agricoli ed enogastronomici e costituivano il trionfo dell'artigianato degli abitanti. Quella dell'8 maggio è sostanzialmente la vera festa patronale poichè effettivo inizio del fenomeno micaelico sul Gargano e data di nascita della città stessa ma poichè, data la stagione primaverile, era anche la più affollata delle due ricorrenze, verso la fine del XIX secolo si cominciò a preferirle la data di settembre.   LA FESTA La sera della vigilia, 28 settembre, il Sindaco e le autorità civili e militari si recano in forma solenne alla Basilica e offrono simbolicamente la cera (un tempo elemento insostituibile per illuminare il tempio) e i prodotti della terra, professandosi con questo gesto altamente simbolico sudditi del Celeste Principe al quale devono continua ed efficace protezione e la stessa nascita del centro abitato.   Il clou delle manifestazioni è la processione del santo del 29 settembre. A causa della pregevole fragilità del capolavoro marmoreo realizzato dal Sansovino, già dall'inizio del XX secolo, è portata in processione tra i vicoli del centro una reliquia del santo, ovvero la sacra spada d'oro prelevata dalla statua nella grotta; solo nel 1982 i monaci Benedettini fecero scolpire una copia in legno della statua del Sansovino e la recarono in processione, affiancandola alla spada.   E mentre la spada d'oro torna infine tra le mani dell'arcangelo, i fuochi pirotecnici illuminano e disegnano i versanti della montagna.     Da visitare: Basilica di San Michele Arcangelo, Campanile ottagonale, Complesso monumentale di San Pietro, del battistero di San Giovanni (detto “Tomba di Rotari”) e di Santa Maria Maggiore, Il Castello Normanno, Svevo, Aragonese, Angioino, Abbazia di Pulsano. Chiese: Santissima Trinità ed ex convento delle clarisse; San Francesco d'Assisi ed annesso convento dei francescani, San Benedetto ed ex convento dei Celestini, Sant'Antonio Abate, Santa Maria del Carmine ed ex convento dei Carmelitani,San Giuseppe, San Nicolò ed ex convento dei Cappuccini, San Salvatore, Incoronata, Madonna degli Angeli, Sant'Apolinare. Musei: Museo di Arti e Tradizioni popolari del Gargano, Museo Lapidario della Basilica di San Michele Arcangelo, Museo Devozionale della Basilica di San Michele Arcangelo, Museo Naturalistico Foresta Umbra.

GLI EVENTI

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LA FESTA

UNA SERIE DI COLPI LANCIATI VERSO IL CIELO MATTUTINO, SUBITO DOPO RIMBOMBI CHE RIMBALZANO TRA LE PARETI DEI VECCHI PALAZZI DEL CENTRO STORICO, ECHEGGIANO NEI VICOLI FINO A DISPERDERSI, MENTRE IN CIELO RIMANE SOLO L’ULTIMA TRACCIA, CIUFFI DI FUMO BIANCO PORTATI VIA DAL VENTO. È IL SEGNALE CHE TUTTI ATTENDONO,  LA FESTA DEL PAESE PUÒ AVERE COSÌ INIZIO. di Francesco Di Palo Le tappe di un suggestivo e affascinante viaggio tra le più spettacolari feste religiose di una regione, anche sotto questo particolarissimo aspetto da declinare al plurale “le Puglie” che continua a vivere la propria dimensione sacrale con manifestazioni antichissime eppure attuali, capaci di evocare storia e storie, dalla forte carica aggregante. Il fumo denso e biancastro, dall’odore acre di zolfo, si alza alto, in vaporosi sbuffi, nel cielo di maggio, misto a brandelli di carta bruciacchiata.   Lo scompiglio è totale e sono centinaia i giovani, i “fujenti del Soccorso”, che sfidano le rudimentali artiglierie di bombe carta, penzolanti in lunghi filari, facendosi largo e scansando per un soffio le mitragliate assordanti e multicolori. Non siamo al centro di una scena di guerriglia urbana, ma al momento di tensione massima, e pericolosamente esaltante, della festa annuale che SAN SEVERO (FG) dedica alla Madonna del Soccorso. I fuochi di terra, “batterie alla sanseverese”, incendiano, deflagrano, esplodono lungo tutto il percorso della processione. All’altro capo di Puglia, nell’estremo Salento, il nuovo anno si apre con il fuoco: a NOVOLI (LE) la “focàra”, gigantesca piramide a gradoni, ottenuta con tonnellate di sarmenti resi disponibili dalle potature invernali delle viti, illumina la notte del 16 gennaio, vigilia del patrono del paese Sant’Antonio Abate, e raccoglie intorno alle sacre vampe che scacciano i geli. Il santo eremita, che per Cristo rinunciò agli agi e alle ricchezze assicuratigli dal nobile natale, si ritirò in contemplazione nel deserto d’Egitto dove visse centenario. È invocato per la guarigione dei mali fisici e a protezione degli animali domestici e da stalla. Non passano pochi giorni che un’altra “foc’ra” prende ad ardere a GROTTAGLIE (TA), il 30 gennaio, vigilia della festa di San Ciro. Fuochi cerimoniali, “fanove”, rischiarano la notte tra l’11 e il 12 gennaio in onore della Madonna della Vetrana a CASTELLANA GROTTE (BA): rievocano l’intervento miracoloso della Vergine per liberare dalla peste, nel 1691, la cittadina. Le celebrazioni si rinnovano l’ultima domenica di aprile, con una lunga processione in cui la statua della Madonna si accompagna al festoso corteggio di decine di statue di santi. Migliaia i ceri, alcuni di enormi dimensioni, che accompagnano a BITONTO (BA) le statue dei Santi Cosma e Damiano, la cui venerazione non conosce declino. L’intorciata ha luogo la terza domenica di ottobre, in concomitanza con la chiusura della vendemmia e il tradizionale avvio, in Puglia, della raccolta delle olive. Spettacolare e imponente anche la processione con grossi ceri, “turci”, che accompagna per le vie del paese, e dei campi, la statua della Madonna della Neve, patrona di NEVIANO (LE), la sera del 5 agosto. Ancora assai leggibile il sostrato di culti agrari assorbito e rigiustificato da rituali propriamente cristiani, nella festa di Santa Vittoria “piccinna” a SPONGANO (LE): il 22 dicembre, lungo le strade del centro salentino, ha luogo la processione delle “panare” accese, grandi ceste di vimini abilmente intrecciati, ricolme di sansa e ornate di agrumi, nastri, fiori. Il rito celebra il martirio della santa arsa viva per non aver rinnegato il credo nel Dio cristiano.  Sono invece offerti alle anime dei trapassati, “cocce priatorije” ovvero “teste del Purgatorio”, i fuochi che ardono nella notte tra l’1 e il 2 novembre e illuminano ogni angolo di ORSARA DI PUGLIA (FG) sino a farne assumere l’aspetto di girone dell’Inferno dantesco: in cima alle pire si collocano verdi rami di ginestra (pianta dalla millenaria simbologia solare) che scoppiettano creando “scattelle” (scintille rumorose che mettono in fuga le anime malvagie). Tutt’attorno e per la durata della notte, si fa festa e si consumano dolci, vino, ortaggi, carni arrostite, mentre su usci e davanzali, o in cortei improvvisati, si ostentano le grandi zucche scavate, e con candele all’interno, che assumono le sembianze di teste sinistre, le “cocce priatorije”, appunto. Non il fuoco, ma i “fuochi”, quelli pirotecnici, sono i protagonisti della festa che ogni anno, a novembre, incendiano per ore, di giorno e di notte, i cieli di ADELFIA-MONTRONE (BA). Sono in onore del martire Trifone che si guadagnò la nomina a patrono per aver salvato la comunità, a metà Seicento, dal morbo pestifero e poi (come ad Alessano e Cerignola) per aver preservato i campi dal flagello delle locuste la cui sola apparizione era presagio di carestie e morte. Quella di Montrone è una sorta di “campionaria” delle feste, un appuntamento irrinunciabile per tutti i componenti dei “comitati” che così hanno modo di vedere le novità e ingaggiare bande, “fuochisti”, “illuminatori”, “pallonari”, per le celebrazioni religiose dei rispettivi paesi. A Montrone si mettono in mostra anche le “bande da giro” e le luminarie.   Queste ultime assumono bellezza e dimensioni davvero straordinarie con disegni, arabeschi, fiori, architetture in cui la creatività ha davvero libero sfogo, come avviene a COPERTINO (LE) per San Giuseppe (19 settembre) e soprattutto a SCORRANO (LE) per Santa Domenica (6 luglio) dove si allestiscono le luminarie più belle e originali che sia dato di vedere. In alcuni centri della cosiddetta “Albania tarantina” (Faggiano, San Marzano di San Giuseppe, Lizzano, Monteparano) la ricchezza di primizie, pani rituali, dolci di pasta di mandorle e miele, pesci e ogni “ben di Dio” ostentati sui “tauli” (tavoli) di San Giuseppe, ai quali poi ognuno potrà sedersi e condividere, rinvia allo spreco cerimoniale quale elemento necessario della festa, attraverso il quale si esorcizza la fame atavica. A ROSETO VALFORTORE (FG), piccolo e suggestivo centro del sub appennino dauno, il 26 maggio si festeggia il patrono San Filippo Neri con il lancio - al rientro della processione e alla presenza del santo che pare guardare compiaciuto - di pane, formaggio, ortaggi, frutti, dolci sulla folla assiepata sotto il balcone dell’oratorio, mentre dalle fontane sgorga vino e latte: con tale tradizione si ricordano gli interventi miracolosi a sollievo della popolazione rosetana stremata dalle carestie. Difficile dar conto della moltitudine dei “Patroni di Puglia” che compongono un paradiso davvero multietnico perché vede uno a fianco all’altro, in una terra che da sempre è sinonimo di accoglienza e scambi culturali, santi dalle più svariate origini geografiche. Ognuno ha esclusiva “specializzazione” per la cura di mali fisici e spirituali e contro qualsiasi accidente naturale: se Biagio guarisce la gola e le affezioni respiratorie, Donato è invocato contro il “mal di luna”, l’epilessia; Vito protegge dalla corea detta appunto “ballo di san Vito”, e dalla rabbia; Agata, patrona dell’omonimo centro della Daunia e di Gallipoli, città in cui approdò uno dei suoi seni strappati durante il martirio, è invocata per le mastopatie e per la secrezione lattea; Anna protegge le puerpere affiancata, in molti centri salentini, da Santa Marina che squarciò il ventre al drago; Irene solleva la sua mano per fermare piogge torrenziali e fulmini; da peste e colera liberano Rocco e Sebastiano.    La Madonna è la patrona per eccellenza: a FOGGIA con il titolo di Madonna dei Sette veli, come a LEUCA, de finibus terrae; ad ACQUAVIVA DELLE FONTI (BA) come Madonna di Costantinopoli e a CONVERSANO (BA) e FRANCAVILLA FONTANA (BR) come Vergine della Fonte; a MINERVINO MURGE (BA) è detta Madonna del Sabato mentre nella vicina SPINAZZOLA (BT) è venerata come Madonna del Bosco (così come a Panni); a GIOVINAZZO (BA) è detta di Corsignano e a CASTELNUOVO DELLA DAUNIA (FG) della Murgia; è venerata come Madonna di Valleverde la patrona di BOVINO (FG) e dello Sterpeto quella di BARLETTA (BT). Altri titoli attribuiti alla Vergine: Incoronata (Apricena), di Merino (Vieste), Mater Domini (Laterza), della Sanità (Volturara Appula), dell’Alizza (Alezio), della Scala (Massafra), della Palma (Palmariggi), della Coltura (Parabita), della Libera (Rodi Garganico). La protezione sui campi e animali si manifesta in numerose processioni primaverili, stagione in cui le verdeggianti campagne hanno necessità di acque feconde; si attuano con elaborati rituali che prevedono il trasferimento delle sacre immagini dalla città al santuario rurale e viceversa. Un esempio per tutti: la festa del 23 di aprile in onore della Madonna di Sovereto, non a caso invocata quale Madonna dell’acqua: la “tavola” con raffigurazione millenaria della Madonna Odigitria, lascia la città di TERLIZZI (BA) per raggiungere il santuario di Sovereto, dove sosterà per circa tre mesi. La leggenda narra che intorno al Mille un pastorello ritrovò la pecora smarrita, impigliata con la zampa in un fosso; al momento di liberarla si accorse della lampada che ardeva – e siamo al primo prodigio – nell’anfratto innanzi all’icona. Ne nacque una contesa sulla proprietà del sacro tavolo con i vicini bitontini risolta con il ricorso all’ordalia, il giudizio di Dio: assicurati due buoi al carro si pose sopra l’immagine e questa, miracolosamente, si diresse verso Terlizzi, dove fu accolta dal popolo in festa. La leggendaria inventio è celebrata ogni anno con una festa in cui il mitico “carro”, nel frattempo diventato un solenne campanile barocco di oltre 22 metri, porta in trionfo l’immagine nel corso di una festa certamente tra le più belle ed esaltanti cui è dato di assistere in Puglia.    Il “carro” del lavoro contadino, nella versione mitica di “macchina da festa” e del trionfo, caratterizza i festeggiamenti della Madonna del Pozzo a CAPURSO (BA), la cui immagine prodigiosa, dipinta sulle pareti di una dimenticata cisterna, si rivelò a un religioso ammalato che ne ottenne la guarigione; anche la statua di Sant’Oronzo attraversa trionfalmente le vie di TURI (BA) su un carro monumentale trainato da muli bardati. Feste patronali che prevedono l’utilizzo rituale di “carri” per il trasporto delle sacre immagini, si celebrano a SANTERAMO (BA) per Sant’Erasmo (2 giugno); a CASSANO MURGE (BA) per la Madonna degli Angeli (2 agosto); a GALATONE (LE) per il Crocefisso (4 maggio); a TORITTO (BA) per la Madonna delle Grazie e San Rocco (4 e 5 settembre). Carri ornati di frutti, fiori e prodotti della terra, sono allestiti in onore della Madonna di Serritella a VOLTURINO (FG) (prima domenica di maggio) e per San Giovanni Battista a MOTTA MONTECORVINO (FG). Molto spettacolare e originale la processione della Madonna di Mellitto a GRUMO APPULA (BA): il rientro della statua al santuario di campagna, l’ultima domenica di luglio, è accompagnato da decine di elaborati e fantasiosi carri ornati con creazioni di fiori di carta velina”.   È detta “della Coltura” la Madonna venerata patrona a PARABITA (LE): fu riservato a un contadino che arava il suo campo in contrada Pane, il privilegio del rinvenimento della prodigiosa effigie dipinta su un masso. Il trasferimento a CERIGNOLA (FG) della splendida tavola duecentesca della Madonna di Ripalta, miracolosamente rivenuta sulla “ripa alta” dell’Ofanto, avviene subito dopo Pasqua: l’immagine sarà poi riaccompagnata, con lunghissima e devota processione campestre, nel santuario dopo i festeggiamenti patronali dell’8 settembre. Alla fine della siccità che si abbatté nel 1388, si deve il patronato della Madonna di Corsignano su GIOVINAZZO (BA). Il corteo storico e la processione del 21 agosto ricordano, invece, la traslazione in cattedrale, avvenuta nel 1677, dell’antica immagine della Madonna, dipinta su legno di cedro, venerata nell’antico casale di Corsignano dove giunse, secondo la tradizione, nel XII secolo condotta da un crociato di ritorno dalla Terra Santa.   Anche la Madonna di Valleverde, patrona di BOVINO (FG) e che la tradizione vuole giunta dalla Spagna, pose fine alla siccità del 1888; l’evento miracoloso è ricordato ogni anno con la solenne processione del 23 maggio. La Madonna della Fonte la cui immagine fu rinvenuta miracolosamente presso una sorgente del luogo dove poi sorse FRANCAVILLA FONTANA (BR), è detta anche Madonna della Neve: durante una terribile gelata la Vergine protesse gli ulivi che tornarono a germogliare.  Sant’Alberto, patrono di PIETRAMONTECORVINO (FG), salvò la comunità dalla grave siccità del 1889: apparso ad alcuni cittadini, per far terminare il terribile flagello, impose un pellegrinaggio alla vecchia Montecorvino. Da allora, ogni 16 di maggio, la statua del santo vescovo è portata in processione, seguita dal popolo, per i campi verdeggianti di grano, sino all’antica chiesa, a circa sette chilometri; la precedono nel lungo serpentone, i “palii”, altissimi pali ornati di fazzoletti colorati, sollevati e tenuti in equilibrio con l’ausilio di funi.   Analoghe motivazioni agrarie sottendono ai patronati di molti altri santi: trofei di arance, mandarini e limoni ornano la città e la statua di San Valentino, patrono di VICO DEL GARGANO (FG), nel giorno della festa, il 14 febbraio. Il santo martire è invocato a protezione degli agrumeti, alla base dell’economia del centro garganico, da geli e rigori invernali. Dopo la processione, i fedeli s’impossessano dei frutti “benedetti per contatto”, per farne premute salutari. Le feste di altri patroni sono invece collegate ai cicli pastorali e in particolare alle aperture dei pascoli della transumanza: accade per l’arcangelo Michele. La festa dell’8 maggio, celebrata con grande rilievo a MONTE SANT’ANGELO (FG), segnava la data del ritorno delle greggi sui pascoli abruzzesi mentre quella del 29 settembre, si poneva in relazione con l’apertura invernale dei pascoli di pianura. San Michele è venerato come patrono a MINERVINO MURGE (BA) dove nelle viscere del suolo murgiano, una cavità carsica simile alla grotta del santuario garganico, è consacrata al suo culto; furono gli allevatori di bestiame a finanziare, nel 1742, per voto e in seguito all’epidemia che risparmiò le loro mandrie, la bella statua d’argento portata in processione nella festa del 29 settembre. Prende il nome dal martire San Nicandro, la cittadina garganica di SANNICANDRO GARGANICO (FG): furono i pastori abruzzesi a portare le reliquie del soldato romano martirizzato nel 297. Uno speciale legame con la pastorizia e l’allevamento dei buoi, conservano le celebrazioni di San Giorgio a CHIEUTI (FG), piccolo centro alle pendici del Subappennino: nel giorno della festa (23 aprile) ai piedi della statua che lo raffigura su un destriero bianco nell’atto di trafiggere il drago, è deposto un grande “caciocavallo” a forma di tarallo e del peso di circa ottanta chili. Portato in processione, a fine festeggiamenti è distribuito ai fedeli. Le celebrazioni prevedono la sfilata di carri ornati di frasche di alloro e la disputa del “palio” con la corsa di buoi, rievocazione del rinvenimento delle reliquie di San Leo. Dalla cappella del Monte Sambuco è prelevata (29 agosto) la statua di San Giovanni Battista, patrono di MOTTA MONTECORVINO (FG): anche in questo caso il fercolo di fiori che reca il simulacro, è preceduto da aste ornate di fazzoletti variopinti. Molti santuari e luoghi di culto assurgono a importanza devozionale ben ampia, meta, in particolari ricorrenze celebrative, di sentiti pellegrinaggi. Sul Gargano si trovano tre luoghi significativi: il santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, la basilica di san Pio a San Giovanni Rotondo, il santuario di San Matteo a San Marco in Lamis.   I pellegrini, radunati in “compagnie”, salgono al monte soprattutto l’8 maggio, in cui il guerriero celeste mostrò la sua potenza a fianco dei Longobardi di Grimoaldo contro i Bizantini, e il 29 settembre che ricorda la dedicazione della basilica per opera del vescovo Lorenzo Maiorano. Ancora oggi nella festa solenne di settembre, si porta in processione la “sacra spada”, d’oro e preziosi; nel corso della processione si effettuano più soste e l’arcivescovo benedice i presenti con la spada poi ricollocata nella destra della statua. Collegato al pellegrinaggio alla Madonna dell’Incoronata, nell’omonimo bosco alle porte di FOGGIA, è la tradizione della “cavalcata degli Angeli”: giunti nel grande spiazzo del santuario i pellegrini ricordano, l’ultimo venerdì del mese di aprile, con semplici drammatizzazioni, la discesa degli angeli nel bosco per incoronare con tre diademi d’oro la Madonna. Decine di bambini su carri addobbati e vestiti da angeli, ma anche da profeti, santi, madonne, compongono quadri sacri viventi, ispirati ai miracoli della Vergine e a scene del vecchio e nuovo Testamento. Il pellegrinaggio a San Rocco, venerato a TORREPADULI (LE) frazione di Ruffano, assume aspetti spettacolari: la notte tra il 15 e il 16 agosto, mentre all’interno della chiesa si cerca il contatto con il santo a cui un cane lecca la ferita della gamba, all’esterno si formano capannelli di curiosi per assistere e incitare, al ritmo sempre più incalzante dei tamburelli, i contendenti che danno vita alla frenetica e ormai rituale “danza dei coltelli”, simulando, con le movenze della “pizzica”, antiche rivalità tra clan. Cammini devoti hanno come meta il santuario della Madonna di Montevergine, posto nelle campagne di PALMARIGGI (LE) (7 maggio).   La cittadina è nota per il culto delle “due Madonne” perché si venera come patrona anche la Madonna della Palma: le due Madonne si “incontrano” e sfilano insieme in processione. Notevole rilievo conserva il pellegrinaggio al santuario della Madonna di Leuca, al CAPO DI LEUCA (LE), estrema punta della Puglia: le “vie della fede” sono presidiate da cappelle, ristori e luoghi di sosta.   Il mare è l’altro grande riferimento mitico, simbolico, economico e culturale della Puglia che ne è lambita  in lungo e in largo. Non si contano i luoghi del passaggio, reale o leggendario, di Simone il pescatore, novello Enea, da Cristo fatto kefâs, che in aramaico e anche ebraico significa “roccia-pietra”, della sua Chiesa. A cominciare da OTRANTO (LE), la più orientale delle città d’Italia e porta d’Occidente. Al principe degli apostoli, fondatore di comunità convertite e di diocesi, sono dedicate chiese e cappelle. Insieme a San Paolo, il santo con le chiavi è patrono di GALATINA (LE) città che custodisce e venera ancora, nella cattedrale, la pietra dove il santo si sarebbe seduto per riposare; san Paolo, invece, nella stessa cittadina, operò il miracolo della guarigione ai morsicati da animali velenosi (serpenti, tarantole): la sua festa, a fine giugno, vede rinnovarsi una delle più antiche e ancestrali lotte tra il bene e il male, quest’ultimo rappresentato dal morso letale della taranta cui unico salutare antidoto è costituito dalla parossistica danza sino allo sfinimento. I pericoli dicevamo: Otranto serba il ricordo della sanguinosa battaglia con i turchi che nel 1480 decimò la popolazione. Ottocento furono i “beati martiri” di quella carneficina destinata all’epica cristiana: i macabri resti, accatastati e a vista, sono offerti alla pubblica venerazione in enormi stipi nella cattedrale idruntina, monumento di rara bellezza.     La “scamiciata” a FASANO (BR) commemora un’altra incursione mussulmana e celebra la vittoria ottenuta per intervento divino il 2 giugno 1678: si tiene la terza domenica di maggio, in occasione della festa patronale della Madonna di Pozzo Faceto e dei Santi Giovanni Battista e Stefano. A ORIA (BR) centinaia di figuranti danno luogo al corteo storico e al “torneo dei rioni”; esso trae origine dal bando di un torneamento che l’imperatore svevo emanò nel 1225, durante un periodo di permanenza nella cittadina, che mostra con orgoglio monumenti e ricordi di quella fase storica tra cui il poderoso e ancora intatto castello. Il corteo storico di BITETTO (BA), con decine di figuranti in abiti rinascimentali (25 aprile-2 maggio), ricorda la particolare venerazione del duca d’Atri e signore del feudo, Andrea Matteo Acquaviva, per il frate del locale convento francescano, Giacomo Varingez, beatificato nel 1700: all’umile “beato Giacomo” sono attribuiti numerosi miracoli e la protezione della cittadina dalle epidemie pestifere del 1483, quando era ancora in vita, e del 1656. Patrono principale di Bitetto è San Michele Arcangelo nel corso della cui festa (29 settembre) è portata in processione, dopo il rito della consegna delle chiavi, la statua d’argento, opera del 1719 di Andrea De Blasio. Dal mare giunge, il 14 giugno, prelevato dal santuario nel villaggio che ne porta il nome, San Vito: lo sbarco, la processione per le suggestive vie di POLIGNANO A MARE (BA), poi il momento clou quando la statua del santo giovinetto, nella commozione collettiva, “ascende”, perché letteralmente portato in alto da ingegnose carrucole, nella fastosa “macchina” trionfale, ogni anno allestita nella piazza principale. Alle ore 15,00 in punto dell’8 settembre, gli uomini di mare reclamano con energico frastuono, la statua della Madonna dei Martiri, patrona di MOLFETTA (BA), quasi a rapirla dai frati della basilica. Imbarcata sulle “bilancelle”, le tre barche estratte a sorte su cui è issato il “trono”, compie il giro sullo specchio di mare antistante la città, mentre i giovani si tuffano in suo onore dando luogo a spericolate evoluzioni. A sera lo sbarco al molo: è l’apoteosi della Vergine che, completamente rivestita d’oro e preziosi donativi, raggiunge in processione la cattedrale, in un clima d’esaltazione collettiva.     Ancora il mare e un’antica immagine della Madonna sono i protagonisti della festa di MONOPOLI (BA), importante città marinara e commerciale. La leggenda narra del prodigioso arrivo di una tavola dipinta della Vergine su una sorta di zattera, da qui il nome di Madonna della Madia, con il prezioso carico di travi occorrenti alla copertura della cattedrale. La Vergine patrona preservò la città da pestilenze e carestie. Ogni anno vescovo, clero e confraternite si recano sul porto per accogliere il quadro della Madonna mentre la città esplode nel giubilo per il rinnovarsi del miracolo (due le date: 16 dicembre e 15 agosto).  Numerose “sagre a mare” in onore della Madonna hanno luogo in altri centri rivieraschi: tra queste a TORRE VADO (LE), nel comune di Morciano, l’11 agosto per la Madonna Stella Maris, alle ISOLE TREMITI (FG) in onore dell’Assunta. A PORTO CESAREO (LE), il 19 agosto, una considerevole flottiglia di pescherecci e natanti turistici, scorta le due distinte imbarcazioni su cui sono portati in processione i simulacri della Madonna del Perpetuo Soccorso e di Santa Cesarea. Dal mare approdarono e sulle acque sono portate in processione le reliquie e la statua del patrono di BRINDISI, San Teodoro: la suggestiva processione si tiene la prima domenica di settembre. Si festeggia anche l’altro patrono, l’autoctono San Lorenzo da Brindisi, frate cappuccino, canonizzato nel 1881.     Versione femminile di san Sebastiano è Santa Cristina, compatrona di GALLIPOLI (LE): appena ventenne fu martirizzata, dopo essere stata legata a un albero, trafitta dalle frecce. È patrona degli uomini di mare e della pesca e il giorno della sua festa la processione “per mare e per terra” prevede l’imbarco della statua al porto per il periplo dell’isola su cui sorge Gallipoli antica e, dopo lo sbarco, il percorso lungo gli ariosi corsi della città nuova sfarzosamente ornati dalle luminarie che formano mirabili e originali scenografie di luci. La “sagra di maggio” in onore del patrono di BARI san Nicola, prevede la rievocazione storica dell’arrivo delle reliquie del santo trafugate nel 1087, da impavidi marinai baresi, a Myra, e la consegna ai frati custodi della basilica ove ha luogo, presieduto dall’arcivescovo, il rito del prelievo della “manna”, il liquido miracoloso che sgorga dalle ossa del santo. L’8 maggio si rinnova la processione a mare della statua tra salve di mortaio e fuochi d’artificio. In occasione di tali celebrazioni l’arrivo continuo di fedeli specie dalla Russia e dall’Est europeo, ci ricorda che Bari con la basilica nicolaiana è l’altro grande terminale in Puglia, del pellegrinaggio.     Ancor più esplicito il legame di san Cataldo con i pescatori tarantini: narra la leggenda che il vescovo irlandese giunto a TARANTO, fu accolto dal mare in tempesta che subito placò gettando tra le onde il suo anello. L’evento è rievocato ogni anno, l’8 maggio, con la processione a mare: la statua d’argento, issata su un’imbarcazione pavesata a festa, attraversa le acque antistanti alla città e riceve l’omaggio, da terra e da mare, di tutta la popolazione. Non per mare ma sul grande lago salmastro ai piedi del Gargano, è portata in processione la statua, opera pregevole di Giacomo Colombo, di san Primiano patrono di LESINA (FG). Le celebrazioni del giovinetto martirizzato, insieme a Firmiano e Casto, a Larino, si terminano, l’ultima domenica di maggio, con la processione dei pescatori che dopo aver preso in consegna l’immagine, danno luogo alla suggestiva regata con le tipiche imbarcazioni lacustri dette “sandali”, suggellando della protezione sulla pesca, voce principale dell’economia di Lesina.    Forse a difesa del prezioso simulacro di sant’Oronzo, patrono di Ostuni (BR), commissionato dalla famiglia Sansone, fu istituita la tradizionale cavalcata che accompagna la statua del santo nella processione del 26 agosto: decine di cavalli e cavalieri scortano la preziosa immagine ornati di nastri, gualdrappe, indossando sfarzosi costumi ricchi di ricami e lustrini in una processione variopinta ed esuberante che ben si presta a essere sintesi delle celebrazioni festive della Puglia

CATTEDRALI DI LUCI

di Vito Maraschio     Non solo bande, processioni e fuochi d’artificio per le strade in festa... in Puglia gli addobbi luminosi hanno un ruolo importante. L’arte luminaria qui è protagonista due volte: per la bellezza delle piazze illuminate, e perché le aziende che rendono possibile questo spettacolo sono pugliesi. Molte operano in Italia e non solo, alcune con più di un secolo di esperienza alle spalle. Un mix di tradizione e innovazione, un mestiere fatto di materiali tecnologici e sistemi artigianali. Qualcuno ricorda commosso i tempi in cui le coreografie si componevano di lumini a olio. Fu poi il momento dell’illuminazione a gas acetilene, poi le tante piccole lampadine, uno sviluppo culminato con le moderne tecniche a laser e led.   Solo l’ingegno, la creatività e la passione per quest’arte hanno portato queste imprese a farsi un nome importante nel mondo, esportando questo autentico “made in Puglia”. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Queste strutture lignee, illuminate da luci colorate, affondano le loro radici nella tradizione romana e, nel tempo, si sono trasformate nella forma, nei colori e nei materiali a seconda delle culture con cui sono venute a contatto e a seguito del progresso tecnico. Gli archi e le strutture di legno aggiungono ai disegni i lumini ad olio che, successivamente, diventano a petrolio e poi lampadine elettriche. Le “luminarie” riproducono disegni legati a motivi religiosi, facciate di chiese e tipici elementi decorativi presenti all’interno dell’edilizia sacra. Poi incominciano ad abbinare schemi e colori simili a tappeti di evidente richiamo arabeggiante. Oggi al legno si sono aggiunti altri materiali, la luce ha acquisito la tecnologia del led e del laser e l’accensione si è arricchita di luce, musica e fuochi pirotecnici legati insieme da un ritmo intermittente.   {IMAGE_2}{IMAGE_3} La tradizione, però, regna sovrana lasciando intatta la natura artigianale che trova la sua massima evidenza in impalcature che arrivano a trenta metri di altezza senza un chiodo, un bullone, una vite, ma tenute insieme solo dal filo di ferro e da un sistema di scaricamento dei pesi che ricorda il modello di costruzione delle volte in pietra.   Le “luminarie” sono dell’Italia Meridionale, ma trovano nel suggestivo borgo di Scorrano nel Salento, capitale mondiale delle luminarie,  una forma esaltante per le ditte locali, eredi di una storia antica, che portano questa espressione della bellezza italiana in tutto il mondo.

LA MUSICA

È quasi mezzanotte, le grandiose luminarie accese per onorare la Santa Patrona di Conversano (Bari), la Madonna della Fonte (penultima domenica di maggio), illuminano a giorno la piccola piazzetta davanti al Municipio. Devoti e curiosi, gli uni stretti vicini agli altri quasi fossero una sola e grande famiglia, attendono che la banda scenda dalla Cassa Armonica perché si compia quel rito che segna la fine della festa.   {IMAGE_1}{IMAGE_2} Un rito che riporta alla memoria le gestualità di una tradizione, segno di quel senso di appartenenza a una terra, la Puglia, fatta di pane e olive nere. Il suono racchiuso dentro le finte mura delle cassa armonica adesso è libero, viaggia al passo deciso dei musicisti che nella bella divisa bianca si fanno spazio tra i volti sorpresi di chi per la prima volta ha colto l’essenza della banda da giro.   Ecco "Vita Pugliese", note di una marcia sinfonica (del Maestro Giuseppe Piantoni) che porta con sé la storia di un popolo, come quello conversanese, che ha “la banda in testa”, nel senso che è proprio fissato per la banda con “La Grande Orchestra di Fiati Gioacchino Ligonzo - Città di Conversano” e lo “Storico Grande Concerto Bandistico Città di Conversano - Giuseppe Piantoni”.   Lecce, Squinzano (LE), Manduria (TA), Francavilla Fontana (BR), Acquaviva delle Fonti (BA), dove troviamo altre e importanti realtà bandistiche, la banda da giro porta con sé, in giro per i paesi d’Italia e all’estero, un pezzo di Puglia e tanto basta per rendere omaggio ai “nomadi del pentagramma”, come poeticamente definisce i bandisti Bianca Tragni, prima storica delle bande da giro di Puglia.   {IMAGE_3}{IMAGE_4} Oggi musicisti professionisti, ma un tempo erano artigiani, contadini, commercianti istruiti dai maestri di cappella per suonare la grande musica che per la prima volta fuoriesce dalla nicchia e diventa popolare.   Tornando indietro nel tempo possiamo ricordare quella di Terlizzi (1773), siamo nel secolo francese quando piccole bande nascono sull’esempio delle bande militari, ma non hanno ancora un direttore stabile. Il primo Maestro concertatore arriva nel 1780 con la banda di Orsara di Puglia (FG), ma la prima grande banda di Puglia nasce nel 1797 ad Acquaviva delle Fonti, diretta da un carbonaro antiborbonico, Iacobellis.    “Anche a Conversano (BA) c’è fermento musicale – ha spiegato il professor Ruggero Chiummo – il Comune istituzionalizza la banda con un atto notarile nel 1832 (conservato nell’Archivio storico di Conversano, una copia è attualmente in mostra al Castello), nasce così lo Storico Concerto Bandistico Municipale e la affida al maestro di cappella Vitantonio La Volpe con una richiesta ben precisa: coinvolgere i giovani da istruire alla musica. Dunque la banda assume anche un ruolo educativo.   Nel 1871 il Comune fa disegnare la prima divisa ufficiale e nel 1881, invece, riconosce alla banda un sussidio purché al suo interno coinvolga musicisti conversanesi particolarmente dotati, in numero non inferiore a 30 e che si impegnino in concerti domenicali in piazza o nelle grandi festività religiose”. Solo la peste e i moti popolari - dal 1884 al 1886 - fermano l’attività della banda che riprende con vigore nel 1890, dunque diversamente che altrove la banda di Conversano è l’unica a seguire un percorso lungo quasi un secolo contraddistinto da investimenti e innovazioni. Nel 1923 nasce anche l’associazione Probanda per aiutare il Comune a sostenerla.     Finisce l’epoca del dilettantismo, d’ora in poi la banda viene affidata a Maestri concertatori di comprovata capacità come Franco Galeoni (primi anni 20 del novecento) e il grande Giuseppe Piantoni (1925). Allievo di Mascagni porta la banda al grande splendore con una serie di innovazioni: i bandisti diventano 60 e riequilibra il complesso aumentando il numero dei legni rispetto agli ottoni.     Dopo la sua morte subentra un altro grande Maestro, Gioacchino Ligonzo (1950), la sua eredita è stata raccolta dal Maestro Angelo Schirinzi che con il nuovo gruppo bandistico fondato dallo stesso Ligonzo: “La Grande Orchestra di Fiati Gioacchino Ligonzo – Città di Conversano”, ha portato la banda a un nuovo livello (Festival Bandalarga, fine luglio inizio agosto) con l’obiettivo di coinvolgere un pubblico più giovanile.   La banda è un valore musicale e culturale per la Puglia intera.

LE STELLE DI FUOCO

La pirotecnica trova in Italia una forte identità, conosciute in tutto il mondo la "scuola italiana" dei Ruggeri a Bologna già nel XVII secolo o l’attuale "scuola napoletana", per la spettacolarità dei loro fuochi. Un’arte, più ammirata che documentata, misteriosa nei segreti custoditi gelosamente dai maestri e tramandati di padre in figlio. La Puglia vive attivamente questa passione a partire dalla produzione, aziende che da generazioni producono fuochi artificiali, metodi tradizionali e idee innovative, prestigio e competizione portano le famiglie di fuochisti a inventare sempre qualcosa di nuovo come la Pirotecnica Chiarappa di San Severo (fg). Una formula chimica, una miscela esplosiva che si trasforma in scoppi, luci e colori. Un involucro di cartone riempito di tante palline, chiamate "stelle" in gergo, proprio per la loro capacità di bruciare creando fiamme colorate nel cielo. Durante le feste pugliesi diversi i momenti della giornata in cui il ruolo dei fuochi è fondamentale.   {IMAGE_1}{IMAGE_2} Nei giorni di festa a volte si spara qualche colpo già al mattino, per ricordare che è un giorno speciale; fuochi per indicare l’inizio, la fine o il passaggio in un luogo particolare di una processione; ma il momento in cui diventano veri protagonisti è lo spettacolo che avviene in genere la sera, a conclusione dei riti religiosi.   Tutti con le teste all’insù per ammirare quelle "stelle cadenti", esplosioni di colori nel cielo capaci di far sognare grandi e piccini. I maestri pugliesi sono in grado di affascinarci con fuochi pirotecnici, fuochi d’artificio scenografici e piromusicali, palloni aerostatici e mongolfiere. Bombe da tiro, granatine, bombe giapponesi e con paracadute, bombe a più spacchi e colpo scuro, pioggia dorata o luccicante, solo alcuni degli effetti speciali in grado di sorprenderci prima del gran finale.   Sì, perchè il momento più emozionante è proprio il finale, un’intrepida successione di scoppi e luci intermittenti, i fuochisti possono mostrarsi in tutta la loro bravura fino a meritarsi, dopo l’ultimo colpo ancora fumante, gli applausi del pubblico impazzito dall’entusiasmo.   Un’esperienza unica e imperdibile nello splendido scenario delle città pugliesi in festa. Appuntamento per gli appassionati di tutta Italia è l’avvincente gara tra maestri fuochisti a Adelfia in onore di San Trifone.   {IMAGE_3}{IMAGE_4} Particolarmente suggestivo lo spettacolo pirotecnico nello scenario del Castello Angioino a Gallipoli per la patrona Santa Cristina, o "le batterie" in onore di San Nicola a Bari sul lungomare tra gli applausi dei devoti.   Esaltante la "festa del fuoco" in onore del patrono sant’Antonio Abate a Novoli (le), in cui l’accensione della "focara" avviene proprio attraverso un tripudio di fuochi pirotecnici.   Molte sono le occasioni in Puglia per vivere un’esperienza indimenticabile... non resta che l’imbarazzo della scelta.

I SAPORI

  Il viaggiatore che arriva in Puglia dovrà lasciarsi trasportare dagli aromi e dagli antichi sapori dei piatti della grande tradizione pugliese, piatti in cui si fondono le tradizioni della civiltà contadina con il fascino del mare.   Olio, olive, verdure, farinacei sono i capisaldi della cucina locale, una cucina mediterranea fatta di prodotti naturali di stagione accompagnata da saporiti aromi e spezie, basilico, capperi e origano.   Protagonista indiscusso l’olio extravergine d’oliva, un prodotto capace di esaltare anche i cibi più poveri, come la celebre bruschetta o “frisedda”, ciambella cotta al forno e condita con sale, olio, pepe, pomodoro e cipolla. Alimento culto della regione è il pane, nelle sue varietà di forme tradizionali, “sckuanete”, “muedde”, tutte rigorosamente cotte nel forno a legna.   Tipiche sono poi le “pucce” o “uliate”, nel Leccese, pani con olive “norchie”, rigorosamente con il nocciolo. Una fragranza indimenticabile è quella poi offerta dal profumo della focaccia appena sfornata, condita con olio e pomodorini, spesso completata aggiungendo all’interno dell’impasto ingredienti che spaziano dalle verdure all’acciuga, dalle olive farcite alla carne, dal salame al merluzzo, dalle cipolle al tonno.   Trionfa, nella preparazione dei primi piatti la pasta fresca; tradizione tutta al femminile, arte trasmessa di madre in figlia, ottenuta preparando con abili movimenti delle dita l’impasto: orecchiette, cavatelli, troccoli, sagne ncannulate, “strascenate”, “mignuicchie”, e altri formati conditi con il ragù ricavato dalle “braciole”, involtini di carne di cavallo o di manzo, ripieni di formaggio pecorino, lardo, prezzemolo, o accompagnate dalle verdure.   {IMAGE_1}{IMAGE_2} ccanto al celebre piatto delle orecchiette con cime di rapa e acciughe sciolte nell’olio e aglio, le gustosissime pasta e cime di broccoli, pasta e cavoli, maccheroni e melanzane, pasta e purea di fave, spaghetti e cicoria, pasta e rucola, fiori di zucchine con pasta e pomodoro, fave e cicoria. Gli ortaggi spesso diventano conserve, da poter gustare tutto l’anno: verdure sott’olio, sott’aceti, olive e pomodori secchi.   La ricca costa offre poi alla cucina pugliese pesce per ogni stagione: dai polipetti baresi “arricciati” alle alici; dal pesce più povero, che nelle zuppe diventa un’armonia di sapori come il popolare “ciambotto”, agli squisiti frutti di mare.     Tubettini con le cozze, impepata di cozze, cozze “arracanate” coperte con mollica di pane, o la “tiella”, nome che indica sia il contenitore che la minestra, per certi versi affine alla paella spagnola, con una copertura di fette di patate su riso, cozze e altri ingredienti, cotta in coccio e al forno; sughetti “allo scoglio”, polipi alla griglia, seppie ripiene e altro ancora portano in ogni occasione il mare in tavola.   Per gli amanti della carne non mancano i prodotti: salsiccia a punta di coltello della Murgia, zampina, “gnumeridd”, interiora d’agnello tagliate a striscette e strette a gomitolo, la “quagghiaridde”, ventricina di montone ripiena di frattaglie unite a scamorza, uova, salame, “braciole di cavallo” e salumi vari sono solo alcune delle bontà da assaporare, così come le preparazioni a base di uova e agnello del periodo pasquale.     {IMAGE_3}{IMAGE_4} Da non dimenticare la ricca produzione casearia, fiore all’occhiello della gastronomia pugliese, soprattutto nel campo dei formaggi freschi. Le mozzarelle, le trecce, i bocconcini, i burrini e soprattutto la “manteca”, cacio fresco avvolta a palla attorno a un nucleo di burro. E poi che dire dei prodotti dolciari pugliesi, che racchiudono tradizioni millenarie, dolci spesso fatti con dolcificanti naturali quali il vin cotto di fichi o la pasta di mandorle, usata per i dolci di marzapane.     Le “Cartellate”, condite col miele e col vin cotto, i “Mostaccioli”, i “Calzoncelli” ripieni di marmellata di fichi, le “Castagnelle” di mandorle dolci pugliesi; le “Mandorle atterrate” infornate e poi immerse nella cioccolata bollente; i “Taralli neri” impastati con zucchero e vin cotto, le zeppole di San Giuseppe ripiene di crema ed amarena, le Scarcedde o Scarcelle.   Il tutto accompagnato da un ottimo vino, molte le possibili scelte: “Aleatico di Puglia”, “Nero di Troia”, “Salice Salentino” e “Primitivo di Manduria” sono solo alcuni dei DOC made in Puglia.   Dalla cucina pugliese scaturiscono profumi, sapori, emozioni.

LA PUGLIA AUTENTICA

Ponte naturale tra Oriente ed Occidente, la Puglia, regione del Sud Italia, protesa nel Mediterraneo con i suoi trecento chilometri di costa lambiti dal Mar Adriatico e il Mar Ionio, è da sempre popolo di viaggiatori, di santi e di marinai.   Terra dalle morbide colline, dalle macchie di boschi e uliveti che spaziano fino all’orizzonte; ricca di borghi, trulli, torri saracene, castelli, illuminata dall’intenso blu del mare, che l’Unesco ha premiato inserendo quattro siti, unici nel loro genere, nell’elenco dei beni patrimonio dell’Umanità.   Il Castel del Monte ad Andria, Patrimonio UNESCO fin dal 1996, costruito per volontà dell’imperatore Federico II di Svevia, fortezza a forma ottagonale, capolavoro unico dell’architettura medievale.   I Trulli di Alberobello, uniche e caratteristiche costruzioni in muratura a secco conosciute in tutto il mondo, inseriti nell’elenco nello stesso anno del Castel del Monte.   {IMAGE_0}{IMAGE_1} Il Santuario di San Michele Arcangelo sulle pendici del Gargano, uno dei santuari più importanti di tutta la Puglia, meta di pellegrinaggi di fedeli provenienti da tutto il mondo, inserito nel Sito seriale “I Longobardi in Italia” UNESCO nel 2011.   Ed infine le Faggete Vetuste della Foresta Umbra, entrata a far parte della prestigiosa lista nel 2017 nel Bene transnazionale “Antiche faggete primordiali”.   La Puglia è un luogo dove ogni viaggiatore, passeggiando per i vicoli dei centri storici, percepisce la ricchezza della storia e conserva nella propria memoria colori che non aveva mai visto così vivaci: il blu profondo del mare, il verde degli uliveti e vigneti, il rosso rubino dei pomodori maturi, l’oro del grano, il bianco candido del latte.   {IMAGE_2}{IMAGE_3} Le antiche tradizioni contadine, i culti della terra mescolati a quelli del mare, hanno creato, attraverso i secoli, uno straordinario mix di devozione popolare e di spettacolari percorsi di fede attorno a santuari, cattedrali, cammini dello spirito.   Tradizione, folklore, arte e spiritualità si susseguono in un ricco calendario di eventi emozionali da gennaio a dicembre: dagli eventi processionali pasquali della “Settimana Santa in Puglia”  alle feste patronali dei “Patroni di Puglia”; dalla magia del “Natale in Puglia“ ai “Cammini dell’Anima” della Via Francigena e dei luoghi di culto alle tipicità enogastronomiche.   Eventi e luoghi che offrono, ai viaggiatori in Puglia, un’esperienza unica ed indimenticabile sotto l’aspetto storico, artistico, culturale e antropologico, in cui vivere per scoprire quella che è la loro anima.  

I LUOGHI

Dal Gargano allo Ionio, tra bellezze nascoste, paesaggi incontaminati, riti arcaici e tradizoni, le comunità locali vi accoglieranno e vi accompagneranno alla scoperta di usi e costumi genuini, di culture materiali e immateriali dal valore inestimabile.   Un filo narrativo offertovi per scoprire l'animo più autentico della nostra terra, per un'esperienza di viaggio indimenticabile da vivere tutto l'anno. La rete degli esclusivi borghi di Pugliautentica.it invita ad un percorso di conoscenza che fissa nella memoria del viaggiatore il ricco patrimonio di memorie, di tradizioni popolari, di identità culturali, che ancora oggi caratterizzano fortemente la Puglia.   Sempre più amata dai turisti, la Puglia terra e mare stesa al caldo sole mediterraneo per buona parte dell’anno, terra di silenzi e di maestosità, abitata fin dall’epoca preistorica, conserva intatti I suoi gioielli nel silenzio delle terre popolate di ulivi e di trulli, avvolta da un mare che la lambisce su tutto il suo perimetro.   Menhir, dolmen, diffusi in tutta la regione, dalla Capitanata al Tavoliere dlla Terra di Bari al Salento e alla Magna Grecia testimonianze di una terra favorevole all’insediamento umano e alla convivenza fra popoli e di popoli di stirpe diversa. I Dauni, i Peucezi e i Messapi, con le loro misteriose stele, e con gli elaborati oggetti in metallo e ceramica che arricchiscono di incredibili tesori I tanti piccoli musei archeologici pugliesi.   {IMAGE_0}{IMAGE_1} La Puglia nasconde, nelle profondità del suo terreno carsico, un misterioso mondo sotterraneo di grotte marine, labirinti di stalattiti e chiese rupestri. Roccia carsica, cave e case di pietra, muretti a secco e nel centro, nel cuore della Puglia, il paradiso della Valle d’Itria, con il susseguirsi di campi, orti, mandorli e uliveti, vigneti e fitti boschi mediterranei in un miscuglio esplosivo di colori e odori.   Questa dorsale carsica che si estende da Nord a sud fin nel Salento è la Murgia. Terra di coloni provenienti dalle vicine coste della Grecia e luogo di insediamento romano e di campagne belliche scandite da episodi di tono epico, si alternarono, sul territorio pugliese, bizantini, longobardi e arabi, Bari divenne capoluogo di un dominio esteso sino alla Lucania e sottoposto all'autorità di un governatore bizantino, il catapano, di cui si ha ancora memoria nella toponomastica cittadina.   Terra di passaggio per commercianti, pellegrini e crociati diretti in Terra Santa, attecchirono in Puglia cultura e religiosità orientali, che lasciarono tracce durevoli nella religiosità, nel culto e nell'architettura locali.   {IMAGE_2}{IMAGE_3} La Puglia toccò l'apice nel progresso materiale e civile con Federico II di Svevia, che la volle sua terra d’elezione e a cui si deve la realizzazione di edifici laici e religiosi di alto valore artistico. Pianure costellate di campi di grano, di vigneti e di ulivi, primato nella produzione del grano e dell'olio fin dal medioevo, la Puglia divenne tramite degli scambi tra Roma e l'Oriente.   La sua vocazione agricola e allo stesso tempo la sua apertura verso le altre terre e gli altri popoli rimarrà costante tangibile nei suoi luoghi dove a lande pietrose di una solitudine metafisica si alternano lussureggianti campi coltivati e colline piene di boschi dell’Appennino Daunio; a cittadine dall’aspetto orientaleggiante la cui conformazione urbanistica reca i segni inequivocabili della cultura urbana araba si contrappongono le severe maestosità dei castelli e dei manieri come Castel del Monte, la grande fortezza dell’Imperatore Federico II e le imponenti cattedrali romaniche.   Avvolta come un isola da un mare cristallino che si infrange sulla frastagliata costa rocciosa e sulle spiagge sabbiose, domina, su tutto, il promontorio del Gargano a Nord, lo sperone d’Italia a cui fa eco il Salento a Sud.   Qui sulla punta più estrema dello stivale dove si incontrano il Mar Jonio e l’Adriatico, in un luogo chiamato “finis terrae” - fine del mondo - le diverse anime della Puglia affiorano come maschere in tutta la loro umanità agli occhi del viaggiatore e del visitatore attento, mentre su tutto vibra il ritmo incantatore del tamburello, la musica della Puglia. dott.ssa Lucia Avellis

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I PRODUTTORI

I Produttori

2023-06-05

Frantoio Paparella

All’ombra di ulivi secolari e nel cuore del Tavoliere di Puglia nasce nel 1891 il Frantoio Paparella a Barletta (bat). Un luogo in cui le radici e le tradizioni si intrecciano virtuosamente con l’innovazione nei processi di trasformazione e l’attenta selezione dei frutti migliori. Il Frantoio è attualmente dotato di 5 linee di estrazione e trasformazione che consentono di raggiungere una capacità di produzione pari a circa 200.000 tonnellate di olive per stagione. Gli investimenti per il miglioramento della qualità e della quantità di estrazione sono costanti e si concretizzano nell’implementazione di nuovi macchinari di anno in anno. Grande attenzione è destinata a tutte le fasi produttive, dalla raccolta delle olive allo stoccaggio dell’olio; durante tali processi l’oliva viene selezionata e seguita fino alla sua trasformazione in un prodotto di assoluta eccellenza, sotto l’attenta supervisione della proprietà e numerosi panel test tenuti da assaggiatori professionisti. {IMAGE_0}{IMAGE_1} L’olio extra vergine di oliva molito da Frantoio Paparella è estratto a freddo mediante metodi meccanici ed altamente innovativi ad una temperatura mai superiore ai 27°C, da olive italiane coltivate in Puglia. Le olive sono trasformate direttamente presso il frantoio entro massimo 12 ore dalla raccolta conservando perciò tutte le caratteristiche chimico-fisiche dell’olio ed evitando ossidazioni. Giunto al suo 130° anno, il Frantoio Paparella guarda al futuro con la fiducia di chi crede che la qualità sia l’unica scelta per un futuro più buono e sostenibile. Ad oggi i principali scarti di produzione ovvero la sansa e il nocciolino di sansa vengono utilizzati per alimentare parte del ciclo produttivo. Il Frantoio adotta l’approccio dell’economia circolare ed è impegnata nel realizzare una produzione ad impatto ambientale 0 in ottemperanza agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030. L’olio extra vergine di oliva “LÓLIO Intenso Monocultivar Coratina” è l’essenza della tradizione, dei sapori e dello stile di vita pugliese. Ricavato dalla selezione accurata delle migliori olive della tipica cultivar pugliese denominata “Coratina”. “LÓLIO Intenso - Monocultivar Coratina” si presenta all’osservatore dal verace colore verde, come le olive dalle cui viene estratto. Al gusto mostra carattere ed eleganza, regalando e note intense e fruttate per dal retrogusto deciso e piccante. Il sapore amarognolo dell’olio extra vergine di oliva estratto dalla cultivar “Coratina” è indice dell’altissima concentrazione di polifenoli, potenti antiossidanti ed infiammatori. L’olio extra vergine di oliva “LÓLIO Fruttato” è una magica armonia di sapori e sentori di Puglia. Ricavato da una sapiente selezione di cultivar pugliesi come Peranzana, Coratina, Ogliarola e Leccino, LÓLIO Fruttato si presenta dal vivace colore verde esaltato da brillanti riflessi giallo intenso. LÓLIO Fruttato riesce a convincere tutti i palati. All’assaggio l’olio propone un bouquet fragrante e completo, dal carattere leggero ed equilibrato, caratterizzato da un basso contenuto di acidità.

I Produttori

2021-04-30

Gargano Delizie

È chiamata la Perla del Gargano ed è un meraviglioso borgo che sorge su una rupe che si affaccia sul mare cristallino baciato dalla sabbia bianca e abbracciato da grandi scogli.   Siamo a Peschici e in questo incredibile paesaggio che profuma di salsedine e vegetazione mediterranea nasce GARGANO DELIZIE®, un liquorificio artigianale che racconta il territorio attraverso i suoi prodotti.    Avviato nel 2002 da Michele e Patrizia Caputo, i coniugi hanno da subito improntato la loro produzione sulla qualità e artigianalità, riuscendo a dare forma a creazioni uniche. Varcata la soglia del piccolo laboratorio, siamo subito attratti dalle cisterne che contengono i buonissimi infusi e allietati dal contagioso entusiasmo di Michele e Patrizia per il loro lavoro.   La produzione si trova a Ischitella, cittadina a pochi chilometri da Peschici, mentre il punto vendita è nel centro storico di Peschici, in una zona che pullula di botteghe del gusto colme di bontà locali. Il negozietto di Peschici ospita anche altre specialità del territorio e della gastronomia della tradizione, come confetture, conserve, patè e tanto altro, offrendo un paniere di prodotti che rispecchia pienamente la nostra cultura in materia di cibo. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Raccontare un territorio con le sue peculiarità, tramandarne le tradizioni e scovarne il patrimonio culturale è una bella impresa. Ogni liquore di Gargano Delizie (sono circa quaranta le specialità) nasce dallo studio delle ricette tradizionali della zona, ma anche e soprattutto da un’attenta e scrupolosa ricerca delle materie prime lavorate secondo metodi artigianali e casalinghi tipici dei nostri antenati. Michele e Patrizia ci parlano del loro prodotto di punta, l’ "Amaro della Suocera", un elisir dolce del 1900 conosciuto anche come lo “cherry delle nonne”.   L’Amaro della Suocera è realizzato con vino Primitivo locale e succo di amarene e a svelarne gli antichi segreti è stato un loro zio novantenne. Patrizia, poi, ci racconta anche dell’ "Amico", altro liquore molto apprezzato dedicato ai clienti e pensato per festeggiare i diciotto anni di attività.   L’idea è scaturita da un ricordo d’infanzia della donna che, incuriosita, osservava suo nonno immergere un pezzo di pesca in un bicchiere di vino. L’ "Amico" infatti, è realizzato con vino Falanghina IGP e pesche del Gargano, ed è un elisir in cui la bontà della frutta è esaltata dalla gradazione alcolica. In questo laboratorio a conduzione famigliare non ci lasciano indifferenti altri due prodotti: il "Lemolivo", un lemoncino realizzato con scorze di arancio locale e foglie di ulivo messe in infusione col suo colore verde che ricorda un’oliva, e la birra artigianale "Gargano’s", sviluppata su una ricetta di Michele e Patrizia che prevede, tra gli altri ingredienti, bucce di arance amare del Gargano.   Un prodotto che narra il territorio già dalla sua etichetta: una perla che si schiude col trabucco sullo sfondo e gli agrumi che incorniciano la bellezza della Perla del Gargano.

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2023-06-05

Frantoio Paparella

All’ombra di ulivi secolari e nel cuore del Tavoliere di Puglia nasce nel 1891 il Frantoio Paparella a Barletta (bat). Un luogo in cui le radici e le tradizioni si intrecciano virtuosamente con l’innovazione nei processi di trasformazione e l’attenta selezione dei frutti migliori. Il Frantoio è attualmente dotato di 5 linee di estrazione e trasformazione che consentono di raggiungere una capacità di produzione pari a circa 200.000 tonnellate di olive per stagione. Gli investimenti per il miglioramento della qualità e della quantità di estrazione sono costanti e si concretizzano nell’implementazione di nuovi macchinari di anno in anno. Grande attenzione è destinata a tutte le fasi produttive, dalla raccolta delle olive allo stoccaggio dell’olio; durante tali processi l’oliva viene selezionata e seguita fino alla sua trasformazione in un prodotto di assoluta eccellenza, sotto l’attenta supervisione della proprietà e numerosi panel test tenuti da assaggiatori professionisti. {IMAGE_0}{IMAGE_1} L’olio extra vergine di oliva molito da Frantoio Paparella è estratto a freddo mediante metodi meccanici ed altamente innovativi ad una temperatura mai superiore ai 27°C, da olive italiane coltivate in Puglia. Le olive sono trasformate direttamente presso il frantoio entro massimo 12 ore dalla raccolta conservando perciò tutte le caratteristiche chimico-fisiche dell’olio ed evitando ossidazioni. Giunto al suo 130° anno, il Frantoio Paparella guarda al futuro con la fiducia di chi crede che la qualità sia l’unica scelta per un futuro più buono e sostenibile. Ad oggi i principali scarti di produzione ovvero la sansa e il nocciolino di sansa vengono utilizzati per alimentare parte del ciclo produttivo. Il Frantoio adotta l’approccio dell’economia circolare ed è impegnata nel realizzare una produzione ad impatto ambientale 0 in ottemperanza agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell'Agenda 2030. L’olio extra vergine di oliva “LÓLIO Intenso Monocultivar Coratina” è l’essenza della tradizione, dei sapori e dello stile di vita pugliese. Ricavato dalla selezione accurata delle migliori olive della tipica cultivar pugliese denominata “Coratina”. “LÓLIO Intenso - Monocultivar Coratina” si presenta all’osservatore dal verace colore verde, come le olive dalle cui viene estratto. Al gusto mostra carattere ed eleganza, regalando e note intense e fruttate per dal retrogusto deciso e piccante. Il sapore amarognolo dell’olio extra vergine di oliva estratto dalla cultivar “Coratina” è indice dell’altissima concentrazione di polifenoli, potenti antiossidanti ed infiammatori. L’olio extra vergine di oliva “LÓLIO Fruttato” è una magica armonia di sapori e sentori di Puglia. Ricavato da una sapiente selezione di cultivar pugliesi come Peranzana, Coratina, Ogliarola e Leccino, LÓLIO Fruttato si presenta dal vivace colore verde esaltato da brillanti riflessi giallo intenso. LÓLIO Fruttato riesce a convincere tutti i palati. All’assaggio l’olio propone un bouquet fragrante e completo, dal carattere leggero ed equilibrato, caratterizzato da un basso contenuto di acidità.

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2021-04-30

Cantine Barsento

Il tragitto che si compie per andare a Noci (ba), cittadina che sorge sulle ridenti colline murgiane dove si trova Cantine Barsento, è costellato di paesaggi naturali che si estendono a perdita d’occhio, belli da togliere il fiato. In questo territorio incontaminato nasceva più di cinquant’anni fa una cantina che, come ci dice l’attuale Amministratore Unico Rocco Colucci, “traduce in vino l’essenza di Puglia”.   Cantine Barsento è una vivace realtà vinicola fondata nel 1969 con una mission visionaria per l’epoca: valorizzare i vini di qualità provenienti dal solo agro nocese. Quello che rende questa cantina così particolare e unica nel suo genere è qualcosa che, varcata la soglia dello stabilimento, non ci si aspetta di trovare: circa mille metri quadri di cantina sotterranea scavata nella roccia calcarea e profonda 15 metri.   Un vero gioiello enologico che stupisce per la sua inaspettata bellezza, con i suoi cunicoli e le celle organizzate perfettamente che racchiudono veri e pregiati tesori della nostra tradizione vinicola. La funzione della cantina sotterranea è quella di ottenere un vino affinato nella bottaia rocciosa, facendo sì che ci sia il controllo preciso di temperatura e umidità.   I vitigni autoctoni sono di varietà di Primitivo, Malvasia e Negramaro: uve scelte per la loro espressione di territorialità, autenticità e specificità e la cui qualità è ulteriormente sublimata attraverso una filiera di raccolta della frutta esclusivamente manuale. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Le etichette di Cantine Barsento (si dividono tra IGP e DOC) non sono semplici prodotti vinicoli, ma sono molto di più: rappresentano la passione per le uve di qualità e per il loro legame con la natura, unica artefice delle rare caratteristiche di ogni materia prima.   Intenso e generoso è il Paturno, un rubino con un bouquet complesso e insieme amabile tipico del Primitivo dal quale proviene o il Ladislao, un Negramaro in purezza impenetrabile, quasi tenebroso. Possiede profumi maturi, decisamente virili, è affinato in botti di rovere ed è un vino per chi ama stupire e lasciarsi stupire.   Se volessimo dargli una personificazione, il Casaboli sarebbe sicuramente una donna dall’aspetto elegante e dall’intelligenza raffinata. Ottenuto da Primitivo, questo DOC è un vino di spessore che fonde la sua gradevolezza alla tannicità. Giocoso, fresco, dolce. È il Primitivo Malicchia Mapicchia, un nettare da meditazione di grande vinosità al palato, affinato per un anno e piacevole per ogni combinazione culinaria.   La tradizione vinicola di Cantine Barsento corre anche sul binario della ristorazione attraverso il ristorante Bamì. La mission? Fondere due arti incredibili: quella della cucina e quella vitivinicola e riunirle sotto una sola forma, Bamì. Il ristorante si trova all’interno di Cantine Barsento e sposa il concetto di valorizzazione delle materie prime e di piatti che rispettano le proprietà organolettiche degli ingredienti. Un concetto che, se vogliamo osare, si veste di sacralità.   La stessa che da sempre accompagna chi, sotto varie forme, lavora con rispetto e devozione i prodotti della terra.      

I Produttori

2021-04-30

Chiarappa Fuochi d'Artificio

Nel 1940 nasceva a San Severo la PIROTECNICA CHIARAPPA, impresa pugliese conosciuta in tutto il mondo per la bellezza scenografica dei suoi spettacoli pirotecnici. Ottant’anni di attività e quattro generazioni di imprenditori esperti nell’arte degli spettacoli di luci e fuochi, rendono la PIROTECNICA CHIARAPPA un punto di riferimento nel settore delle esibizioni di fuochi d’artificio.   L’azienda produce ogni tipo di gioco pirotecnico nel pieno rispetto degli standard di sicurezza dettati dall’Unione Europea e testa i prodotti seguendo le linee guida di Istituti accreditati. L’incredibile mestiere della preparazione dei fuochi d’artificio è tramandato con cura e passione di padre in figlio e si è evoluta al punto tale da offrire al pubblico show pirotecnici incredibili e mozzafiato.   La Pirotecnica Chiarappa ha illuminato i cieli di tutta Italia, portando la maestria pugliese anche in Europa come le numerose partecipazioni in Germania, Croazia, Francia, Austria, vincendo numerosi contest e ricevendo tanti premi e riconoscimenti.   Menzione a parte merita la partecipazione della Pirotecnica Chiarappa alla festa di inaugurazione di Matera 2019 Capitale Europea della Cultura. La consequenzialità delle immagini che improvvisamente appaiono in alto nel cielo e che miscelano disegni di fontane luminose, stelle filanti che scendono lente, stelle che scoppiano dividendosi in tante altre stelline e via dicendo, sono tutti giochi non casuali ma studiati a tavolino da veri esperti che conoscono i segreti della pirotecnica e che sanno bene gli effetti di un certo percorso e come realizzarlo. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Lo studio non è superficiale ma molto dettagliato e approfondito. Come un regista, Nicola Chiarappa, ultimo della discendenza, deve prevedere tempi, cause ed effetti, così da permettere l’esecuzione di uno spettacolo programmato in ogni suo minimo dettaglio. Non solo tradizione ma anche e soprattutto innovazione.   La Pirotecnica Chiarappa offre i classici spettacoli “a terra” ed esibizioni radiocomandate, con programmazione a distanza e avvio computerizzato.  Le sfumature di colori si ottengono calibrando e mischiando varie tipologie di prodotti chimici, finché non si ottiene il risultato desiderato.   Un lavoro che richiede una cura meticolosa dei prodotti maneggiati per far sì che ogni sfumatura e nuance sia esattamente quella richiesta dal committente. Come in tutte le imprese artigianali, anche in questo caso c’è un minuzioso metodo di preparazione per ottenere i colori e i risultati desiderati: la “ricetta”, custodita gelosamente, è tramandata da decenni da padre in figlio.   Grazie alla creatività di famiglia, all’esperienza e alla voglia di portare sempre più in alto la diffusione dell’arte pirotecnica, la Pirotecnica Chiarappa ha aperto un punto vendita dedicato alla commercializzazione di prodotti per ogni tipologia di feste. Tra fuochi d’artificio, festoni e gadget la Pirotecnica Chiarappa realizza spettacoli ed esibizioni incredibili che vi faranno sognare ad occhi aperti. Oggi è Nicola Chiarappa a detenere le redini dell’azienda per proiettarla in un futuro sempre più promettente.    

I Produttori

2021-04-30

Clemente

«Una splendida ed emozionante avventura»   Quando chiediamo a Michele Clemente, Presidente di Olearia Clemente, di raccontarci la storia imprenditoriale di una delle più grandi aziende di filiera italiana olearia ci risponde esattamente così: una splendida ed emozionante avventura.   Non può che essere diversamente per un’impresa dall’attività centenaria che solca gli anni e che nasce a Manfredonia, nel cuore del Gargano, tra alberi di ulivo dalle imponenti chiome e dai tronchi intrecciati, un groviglio perfetto che è proprio solo di Madre Natura.   Arriviamo in azienda percorrendo vaste distese di uliveto in cui il verde delle foglie e del frutto padroneggia prepotente sul territorio esistente. Le dense fronde degli ulivi sono appena mosse da una brezza leggera che profuma di vegetazione e salsedine del vicino Adriatico, che giunge al nostro olfatto conciliando i sensi.   In questo paesaggio incontaminato, sfiorato appena dall’antropizzazione, si incastona Olearia Clemente. La storia di Olearia Clemente è quella di una famiglia che da ben cinque generazioni è dedita alla tradizione agricola e olivicola. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Fu inaugurata nel 1895 da Berardino Clemente, bisnonno degli attuali titolari, i fratelli Michele, Antonello, Carla e Ilenia, con il preciso obiettivo di offrire al mercato un prodotto eccellente che valorizzasse le cultivar di questa zona.   Obiettivo perseguito attraverso la gestione diretta di tutto il processo produttivo, a cominciare dal frutto, raccolto perfettamente sano, spesso a mano, e lavorato con tecnologie particolari che consentono di ottenere un prodotto unico nel gusto e nei profumi. A Olearia Clemente va riconosciuta l’abilità di dare all’olio extra vergine di oliva il valore che merita, scardinando la credenza che sia solo un condimento ma rendendolo, invece, alimento cardine della dieta mediterranea.   L’esperienza acquisita negli anni è la chiave di volta per la produzione di olio extra vergine di oliva puro e naturale. Nella sublime spremuta olive di Olearia Clemente abbiamo cultivar pugliesi, come la Coratina, l’Ogliarola Garganica e la Peranzana, monocultivar che hanno una loro specificità con qualità organolettiche esplosive che sanno di erbaceo, dolcezza, frutto e natura.   Dal rispetto per quest’ultima nasce la linea di oli biologici tra cui citiamo "U Polp", extra vergine DOP Dauno del Gargano dal sapore unico con un packaging che nei colori e nei disegni strizza l’occhio alla veracità della Puglia.   Un preciso bouquet di profumi e sapori è quello che regala l’olio "Zagare", un 100% italiano estratto a freddo che prende il nome dai fiori che circondano gli agrumeti del Gargano.   La linea Zagare è una linea storica, lanciata adesso in una versione moderna che simboleggia la quinta generazione di Olearia Clemente. In quest’olio, i cui frutti sono baciati dal sole e benedetti dall’aria, si sposano da un lato la tradizione centenaria dell’azienda e dall’altro lo slancio verso il futuro rappresentato dai giovanissimi Eliana, Leonardo, Berardino e Rosistella, desiderosi di portare Olearia Clemente in confini ancora inesplorati.      

I Produttori

2021-04-30

Casa Milo

Quando si pensa alla Puglia non si può non menzionare sua maestà la pasta. Simbolo di famiglia, allegria e convivialità è tra le cose che meglio ci rappresenta nel mondo. In fatto di pasta ci distinguiamo da sempre, come ci insegna l’azienda pugliese CASA MILO.   La storia inizia nel 1870 a Bitonto, città che incanta per le bellezze del centro storico e delizia per la bontà del suo olio extra vergine di oliva. È una storia di famiglia e passione, di duro lavoro e coraggio, ma è anche una storia di rispetto e fiducia. Casa Milo da ben quattro generazioni è tra gli ambasciatori di Puglia nel settore food.   Un percorso iniziato prima con l’olio e poi seguito dalla pasta e i prodotti da forno, la cui creazione è subentrata definitivamente nel 1994. In tutti questi anni Nicola Milo, presidente dell’azienda, affiancato dai quattro figli Giuseppe, Marida, Saverio e Giovanni, ha investito costantemente per offrire al consumatore prodotti di qualità lavorati nel rispetto della tradizione italiana più autentica e genuina.   Qualità che si esprime anche nella ricercatezza delle materie prime, elementi imprescindibili per ottenere un prodotto finale straordinario. Questa loro filosofia si materializza attraverso il patto stretto con Coldiretti per creare un prodotto interamente pugliese realizzato con grani duri selezionati, nel pieno rispetto della terra e di chi la coltiva.   Un vero e proprio atto di amore per la madre terra, per i suoi cicli naturali e per quelle braccia vigorose che la accudiscono e la lavorano. Un “semplice” pacco di pasta Milo racchiude un mondo in cui coesistono rigogliosi campi di grano baciati dal sole, il vento salubre e una tradizione contadina millenaria. {IMAGE_0}{IMAGE_1} La pasta secca 100% Filiera Puglia è fatta di grano decorticato a pietra e ingredienti naturali e di qualità che le consentono di essere porosa, ruvida e tenace per trattenere ogni condimento. Disponibile in tantissime specialità realizzate solo con trafile al bronzo, questa categoria include anche la linea Caserecce che propone tutti i formati regionali ispirati alle antiche tecniche della pasta fatta in casa.   La pasta fresca all’uovo 100% grano di Puglia è un tipo di pasta che invita il consumatore a toccarla, prima di assaggiarla. Quando si osserva la pasta di Casa Milo è difficile non pensare alla versione casalinga delle nostre nonne. Il giallo intenso delle tagliatelle, delle fettuccine, delle pappardelle o delle lasagne è accompagnato da un profumo che sa di lunghe tavolate e convivialità familiari.   Una linea della produzione di Casa Milo è dedicata anche ai prodotti da forno, in cui il rispetto per l’artigianalità è l’elemento preponderante. Taralli, mini grissini e bruschette con olio EVO sono i sostitutivi del pane perfetti in ogni momento della giornata per ristorarsi con sapori fragranti e irresistibili o per creare abbinamenti creativi per aperitivi speciali.   Tradizione, innovazione, sostenibilità e affidabilità. Tutti valori perfettamente incarnati da Nicola Milo e dai suoi quattro figli, che portano al consumatore la Puglia più buona e autentica sotto forma di pasta e prodotti da forno.          

I Produttori

2021-04-30

Fiume

Era l’inizio degli anni Sessanta quando Vittorio Fiume in un piccolo laboratorio artigianale faceva i primi esperimenti sui liquori e il latte di mandorla.   Animato da una passione per la sua Puglia, all’epoca probabilmente ignorava che quei suoi tentativi artigianali si sarebbero trasformati nel tempo in un brand pugliese conosciuto in tutto il mondo. La storia del brand Fiume è una storia che parla d’amore.   Amore per la Puglia, per le erbe, le spezie e gli infusi. Collocato nella zona industriale di Putignano, cittadina famosa per l’antico Carnevale, lo stabilimento Fiume oggi produce bevande molto apprezzate nel settore della liquoristica e degli analcolici.   I liquori a marchio Fiume comunicano il legame con il territorio, a cominciare dalle materie prime. Come ci spiega Caterina Fiume, figlia di Vittorio e responsabile ricerca e sviluppo del marchio, tra i primi liquori che portano la firma di suo padre c’è l’ "Elisir dei Trulli", il cui nome evoca una pozione miracolosa e stupisce per il sapore avvolgente delle note alcoliche e aromatiche.   Cioccolato, rum, nocciola e caffè sono alcuni dei sentori dell’Elisir dei Trulli, che offrono al consumatore un viaggio sensoriale che delizia il palato con sapori caldi e intensi. L’ "Amaro Pugliese", celebre coetaneo dell’Elisir dei Trulli, è famoso perché trasmette pugliesità non solo nel nome ma anche nella scelta delle materie prime.   E così nella Teriaca Officinale dell’Amaro Pugliese scopriamo la menta, il finocchietto, la salvia, il carciofo, gli agrumi e così via. Tutte materie prime provenienti dal territorio, trasformate per creare un amaro che parla di consuetudini e memoria collettiva.   Mentre ci racconta dell’Amaro Pugliese, Caterina estrae una cassettina con alcune delle erbe utilizzate. E così, accanto alla menta, pianta erbacea autoctona, notiamo la China Succirubra che viene invece dall’Ecuador, il Rabarbaro, tipico della Cina e il Quassio della Jamaica. Ed è incredibile come un solo liquore possa contenere intere porzioni di mondo pur restando legato alla tradizione. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Tradizione che si esprime anche nel "Limoncello", prodotto secondo l’antica ricetta della nonna di Caterina e che sugella un piccolo segreto tramandato di generazione in generazione. Restando sul versante delle bevande alcoliche, l’ "Amarum" è un’altra creazione a marchio Fiume che mixa territorialità e influenze internazionali.   Nell’Amarum il rum giamaicano sublima l’infuso di spezie e noci locali. Un amaro talmente pregiato da essere riconosciuto al SIAL di Parigi del 2008 come uno dei 100 prodotti più innovativi, e premiato al Roma Bar Show del 2020 per saper valorizzare al meglio le eccellenze del territorio.   Per coloro che non amano gli alcolici c’è un’alternativa decisamente gustosa. È il "Latte di Mandorla", nato come sciroppo, ora anche nella deliziosa versione pronta da bere, Mandorlè, e che viene prodotto per estrazione utilizzando solo ed esclusivamente mandorle dolci pugliesi.   L’ennesimo tratto di attaccamento alle proprie origini di un brand che, con un piede nella Puglia e uno nel mondo, porta le sue bevande oltre i confini nazionali.        

I Produttori

2021-04-30

L'Antica Cantina San Severo

“Devi amare ciò che fai per volerlo fare ogni giorno” Con questo amore si raggiungono i traguardi!!!!!  Nella foto non trovate il produttore, il presidente, un capo. Trovate lo spaccato di una comunità… La nostra!"   Una cantina quasi centenaria e un territorio naturalmente vocato per la produzione di vini ricchi e pregiati. Basterebbero questi elementi per descrivere L'ANTICA CANTINA DI SAN SEVERO (fg) una delle realtà vitivinicole pugliesi più dinamiche e longeve della regione.    A raccontarci la storia dell’Antica Cantina è Ciro Caliendo, presidente dell’azienda che incontriamo nello stabilimento di San Severo. Alle sue spalle, come accaduto già numerose volte per altre attività storiche come questa, c’è una parete affollata di premi e riconoscimenti, molti dei quali sono dei veri e propri reperti storici.   L’Antica Cantina di San Severo è in realtà una cantina sociale nata nel 1933 e, proprio come fosse una vite, affonda le sue radici nella cultura e coltura locale. Non a caso San Severo nel 1968 ha visto riconoscersi la prima DOC pugliese, segno tangibile di una consuetudine contadina e vignaiola che definire millenaria è riduttivo.   Punto di forza della produzione dei vini dell’Antica Cantina non è soltanto il lavoro sinergico e congiunto con i suoi soci che conferiscono le uve di qualità, ma è anche rappresentato da un migliaio di ettari coltivati secondo un sistema di certificazione aziendale e di tracciabilità che contribuisce a produrre vini che rappresentano la sintesi armonica, gioiosa ed elegante delle tipicità di questa terra.   Nella fertile Daunia ha preso vita il sogno di tanti agricoltori: offrire al consumatore le sensazioni che esprimono al tempo stesso la piacevolezza e la passione che la terra di San Severo offre.  E’ il modo per conoscere la nostra storia e la cultura del territorio, verso cui tutti gli abitanti del posto nutrono una passione sconfinata, la stessa che c’è nel San Severo DOP. {IMAGE_0}{IMAGE_1} Il San Severo Bianco già nel 1932, fu riconosciuto come tipicità locale. Il Castrum San Severo Bianco è formato da un blend di Bombino, Trebbiano e un tocco di Malvasia. Il Rosso ed il Rosato completano la proposta del San Severo DOP. Il Castrum Rosso è un vino dalla giusta struttura. Sprigiona profumi di prugne e amarena che si fondono con il floreale della viola e del ciclamino. Il Castrum Rosato” con la sua delicatezza offre un bouquet fruttato, intenso, con sentori di pesca per soddisfare anche il palato dei più sensibili.   Con la linea Nobiles troviamo i varietali tipici. Nobile e positivamente austero è il Nobiles IGP ottenuto da uve di Nero di Troia, uno dei vitigni autoctoni di terre coltivate nei declivi in prossimità al Gargano. Col suo colore quasi impenetrabile, il Nobiles Nero di Troia, ha una struttura corposa ma raffinata e un gusto di frutti rossi e spezie che intrigano e inebriano il palato.